
Chernobyl
Stanco di vedere la verità
Stuprata in diretta TV
Cambio canale,
Cercando leggerezza
Ma la coincidenza
Del mio zapping
È “Chernobyl”
Una storia senza verità
Dove uomini con facce russe
E arroganza rossa
Hanno fuso uranio,
Giustizia e vite umane
In un unico disastro,
Armando la mia bocca
Di rabbia da sfogare
E la mano
Di una tazza da lanciare.
Quella tazza però è il contrappasso
Di un detrito incandescente
Che mi fa cadere indietro
Sbattendo la testa,
Così come quei criminali
Hanno sbattuto
Contro un muro di menzogne
Il destino
Di migliaia di innocenti.
Precipito in un incubo
Ma dopo un po’ mi risveglio
In un silenzio familiare
Ma lontano.
Sono bambino fuori
E vecchio dentro e non viceversa,
Come spesso mi piace essere.
Sono di nuovo figlio e innocente.
Alla parete un calendario.
Anno 1986. Mese Aprile.
Giorno 25.
A Chernobyl devono ancora
Dare il peggio di sè.
Sogno l’impresa eroica
Prendo il telefono
Evito il disastro
Piego la storia
Salvando il mondo di allora
E migliorando
Quello di adesso
Dove dal collo di lei
E’ scomparsa quella cicatrice
Chiusa fuori ma aperta dentro
Che forse è figlia
Di quel disastro
Ma sicuramente madre
Di tanto dolore.
Mi rimetto comodo sul divano
Con ancora quella tazza in mano
E la TV accesa sul 41:
Masha e Orso
Non hanno bisogno
Di essere salvati.
Se la caveranno da soli.
